martedì 13 giugno 2017

Se scappi ti sposo (zoppicando) - Recensione a "La resa di Piers" di Eloisa James

Se scappi ti sposo (zoppicando)

Recensione a "La resa di Piers" di Eloisa James


LA SCHEDA TECNICA 

TITOLO: La resa di Piers

AUTORE: Eloisa James

TITOLO ORIGINALE: When Beauty Tamed the Beast
TRADUTTORE: Bertha Smiths-Jacob
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar bestsellers - Emozioni
PAGINE: 350


IL COMMENTO

  Per questo scempio letterario che osa definirsi un romanzo, la mia ira (funesta, ma non troppo) si abbatterà per prima sull’edizione italiana della Mondadori. Si potrebbe partire dal titolo che non solo è del tutto scollegato da quello originale, ma anticipa il -prevedibile- finale; mi hanno ben più stupito gli errori a profusione nei primi capitoli, certo dovuti ad una mancata revisione che non posso perdonare ad un editore come la Mondadori.
  Altra pecca è stata la scelta di pubblicizzare in copertina la storia come una rilettura de “La Bella e la Bestia”, mentre è l’autrice stessa nelle note a chiarire che è stata solo un’ispirazione marginale. Pertanto, se come me leggerete il volume sperando di rivivere le emozioni della fiaba originale, preparateci ad un’amara delusione.
  La storia non è ambientata in Francia, bensì in Gran Bretagna, prima a Londra e poi nel selvaggio (?) Galles; la “Bella” Linnet, figlia unica di un nobiluomo, dà scandalo quando una serie di ridicoli equivoci fanno pensare ad una sua gravidanza, ad opera niente meno che di un principe. La trama ci porta poi rapidamente al fidanzamento riparatore con la “Bestia”, il conte Piers, e ai prevedibili siparietti tra i due atti a mostrare quanto siano incompatibili.
  Dopo averci presentato un gruppo di ammiratori-fantocci a cui Linnet dovrebbe preferire il conte, la James accelera di nuovo e arriva all’innamoramento dei due piccioncini, senza spendere due righe in un po’ di introspezione: tutto il preludio sulla supposta “bestialità” del conte si rivela un blando stratagemma per allungare la storia, dal momento che la “Bella” non sembra mai disgustata dal suo aspetto, e ben poco dai suoi modi. L’autrice tenta poi una svolta tragica per farci capire quanto è forte l’amore tra i protagonisti, ma l’intreccio narrativo è scontato al punto di poter indovinare al volo dopo si voglia andare a parare.
  I protagonisti non potrebbero essere più lontani dalle loro controparti fiabesche. Sebbene voglia apparire determinata, Linnet è una ragazza debole nelle sue scelte, e viene quasi sempre tiranneggiata dagli altri, che le impongono i loro desideri: non sfida mai apertamente chi la contrasta, ma preferisce nascondersi e delegare ad altri le incombenze. D’altro canto, Piers è un personaggio più riuscito ed sfaccettato, ma per nulla adatto nel ruolo della “Bestia”; sembra piuttosto un maleducato, iroso e pieno di rancore. Tra i comprimari un paio spiccano come potenzialmente interessanti, ad esempio Zenobia, Prufrock o Sébastien, ma vengono tutti accantonati in favore della relazione tra il duca di Windebank e lady Bernaise, se possibile ancor più melensa di quella dei due protagonisti.
  A favore della James posso annoverare soltanto lo stile scorrevole, che a tratti tenta qualche fiacco salto di qualità, e gli sparuti riferimenti al mondo delle fiabe sparsi un po’ in tutto il testo: un’idea carina seppur poco originale. L’autrice commette però un azzardo quando sceglie un’ambientazione storica che poi non è evidentemente in grado di gestire, e lo mettono in chiaro i dialoghi decisamente inadatti ai primi anni dell’ottocento.
  Il vero problema del romanzo è il suo non essere un vero romanzo: per tutta la lettura ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte ad una fan-fiction adattata per l’editoria, pratica comune oggigiorno, ma solo nelle note finali ho avuto conferma che l’autrice si è ispirata -non proprio velatamente- al personaggio di Gregory House, protagonista della serie TV “Dr. House”, per il suo Piers.
  Da ultimo mi sono riservata il peggio, ossia i messaggi sbagliati che il libro riserva al lettore: ad un romanzo d’intrattenimento si può perdonare la frivolezza, ma non certo la ripetizione continua di concetti quasi malati. Mi riferisco innanzitutto all’eccessiva possessività di Piers, specie quando lui rimarca ogni due per tre i suoi diritti su Linnet; questa è oggettificazione, non certo l’amore incondizionato a cui ammicca la James. L’altro concetto errato riguarda la nostra protagonista, che cade vittima della sua stessa “bellezza”, tanto da credere che la si ami solo in virtù di quest’ultima. L’imbeccata è de principio valida, ma si risolve in un nulla di fatto quando diventa chiaro che la “Bella” sarà per sempre tale.

DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO
LA VIGNETTA

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